Darwin e l’ornamento

«La regolazione genetica della forma corporea è il pennello con cui la natura porta avanti la mutazione della specie. Alla luce dei suoi concetti centrali di variability e di ornament, si potrebbe ipotizzare che Darwin si richiamasse a Immanuel Kant, e invece essi provengono dall’ambito delle arti: l’identificazione della bellezza con la variabilità si rifà senza dubbio al nesso beauty e variety tanto caro a William Hogarth. Il concetto di ornament vanta notevoli prossimità con gli scritti dell’architetto inglese Owen Jones, diventato celebre grazie al lavoro di pianificazione e realizzazione dell’Esposizione universale del 1851. Nel 1856 egli pubblicò Grammar of Ornament, una storia onnicomprensiva dell’ornamento in tutte le culture conosciute, destinata a riscuotere un grande successo nell’Inghilterra vittoriana. La seconda parte di La discendenza dell’uomo, data alle stampe da Darwin nel 1871, sembra una riscrittura in chiave naturalistica dell’opera di Jones. La tesi secondo cui le forme ornamentali degli animali trovano prosecuzione negli ornamenti della pelle umana risulta ripresa da Jones, considerato che la sua storia del design ornamentale prende le mosse proprio dalle decorazioni del viso rese popolari dai viaggi a scopo etnografico»1.

Da questo passo si può ipotizzare, come in effetti sembra fare Bredekamp, che l’ornamento sia parte della strategia evolutiva degli animali umani, sia dal punto di vista biologico sia da quello sociale o culturale. In effetti, non è mai esistita una società umana che non abbia decorato gli oggetti di cui si serve o gli ambianti in cui vive. Alfred Gell2 afferma che l’ornamento rende gli oggetti più “viscosi”, facilitando così l’interazione del soggetto con essi e, più in generale, l’integrazione con altri soggetti con cui interagisce attraverso gli oggetti, agevolando la creazione dei legami sociali. L’animale umano non può fare a meno di creare legami sociali, di una comunità, la comunità, tuttavia, non è spontanea, deve essere creata e necessita di elementi capaci di legare i suoi componenti: codici, segni, simboli, immagini, riti condivisi. In questa prospettiva, l’ornamento si configura come una sorta di interfaccia di base, tanto necessaria quanto, spesso, impercepita.

[N]

1 Horst Bredekamp, Immagini che ci guardano. Teoria dell’atto iconico. p. 256

2 Vai alla voce: Decorazione funzionalista. Vedi, Alfred Gell, Arte e agency. Una teoria antropologica.

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