La nostra iconosfera ha raggiunto un tale grado di complessità e saturazione che sembra ormai impossibile trovare o tracciare coordinate che ci restituiscano una direzione e un senso di ordine e necessità.
«Allora – scrive Nicola Tagliapietra – bisogna saper guardare. Noi, infatti, vediamo molte cose, ma in realtà ne guardiamo pochissime. Se nella nostra lingua il “vedere”, che i greci rendevano con il verbo horào, esprime il nome di uno dei cinque sensi, ovvero la disposizione della sensibilità corporea a ricevere le immagini del mondo circostante, il “guardare”, che gli stessi filologi ellenici dicevano con le forme del verbo sképtomai, è l’esatto contrario della passività sensoriale. Il guardare consiste, infatti, in una vera e propria azione dello spirito che si esercita nei confronti delle immagini, che si alimenta dei colori e del disegno, ma che ha come “scopo” – altra parola che appartiene alla famiglia del verbo sképtomai – l’andare oltre di esse, tornando, con ardita curvatura dell’intenzione, al mondo della vita. Il guardare diviene così, un “modo di essere”, un’attività pratica dell’esistenza, in cui l’uomo abbandona il rassicurante conformismo delle superfici, la gabbia protettiva delle abitudini visive, per entrare nell’immagine, per metterla in questione, per rischiare finanche se stesso nell’appassionata ricerca di senso. La parabola etimologica del guardare (sképtonmai) si conclude infatti, nella derivazione della parola sképsis che, in greco, significa “percezione”, ma soprattutto “riflessione” e “ricerca”. […] L’immagine non è un oggetto a sé stante, una “cosa” colta e poi duplicata nella lugubre fissità della rappresentazione, ma essa è un vivo tracciato dello sguardo, un itinerario esistenziale che sempre ci attende e che, ogni volta, deve essere nuovamente percorso».
Tagliapietra chiarisce come nella stessa etimologia dei verbi “vedere” e “guardare” è evidenziata la differenza profonda tra le due azioni. Sin dall’antichità al soggetto che guarda è consegnata la responsabilità di agire sulle immagini per assegnare loro senso e necessità.
1 Andrea Tagliapietra, Icone della fine. Immagini apocalittiche, filmografie, miti. pp. 21-22